1. Sermoni

 

In nome di Dio il Compassionevole il Misericordioso

 

(1)

Lode a Dio, creazione dei cieli e della terra, creazione di Adamo, scelta dei profeti, invio del Profeta, sul Corano e su alcuni aspetti della Legge

Sia lode a Dio la cui magnificenza nessuna lingua al mondo sarà mai in grado di esprimere, le cui effusioni di grazia sono incalcolabili nella loro sovrabbondanza e la cui obbedienza non può esser soddisfatta neanche da chi vi approcci con totale dedizione, le Cui altezze sono interdette alle aspirazioni, e i Cui abissi sono impraticabili al più audace degli intelletti; per Lui non vi sono limiti che possano contenerLo, né eulogie degne di Lui, nessun tempo stabilito né durata che possa comprenderLo. Egli modellò la creazione dispiegando la Sua Onnipotenza: effuse i venti attraverso il sublime afflato della Sua Compassione e rese salda la terra mediante le rocce.

Il fondamento della religione è la Sua conoscenza, e conoscerLo è il renderGli testimonianza, la perfezione di codesta testimonianza è la Sua Unicità, la perfezione della Sua Unicità risiede nel vederLo puro, il vederLo puro risiede nel negarNe qualsiasi attributo, poiché l’attributo differisce sempre dall’ente di riferimento e l’ente di riferimento differisce dall’attributo. Dunque chiunque riferisca attributi a Dio indica un qualcosa che Gli è stato comparato, e chiunque indichi ciò non farà che contemplarLo nella dualità; chiunque Lo contempli nella dualità non farà che riconosceGli l’esistenza di parti, e chiunque ammetta ciò è ignorante di Lui; chiunque è ignorante di Lui si sentirà in grado di indicarLo, indicarLo vorrà dire ammetterNe i limiti ed ammetterNe limiti vorrà dire numerarlo.

Chiunque voglia definire una qualsiasi realtà in grado di contenerLo, non farà altro che sostenere la possibilità ch’Egli possa essere contenuto; e chiunque definisca dove sia, sosterrà ch’Egli non è altrove. Egli è senza esser generato. Egli esiste ma giammai scaturito dal nulla. Egli è prossimo ad ogni realtà di una prossimità che nulla ha a che vedere con la vicinanza fisica. Egli differisce da ogni cosa senza che ciò abbia ad ingenerare separazione. Il Suo agire non è soggetto alle necessità proprie del movimento né abbisogna di mezzo alcuno. Egli vede anche lì dove sembra non vi sia nulla da osservare, tra le pieghe della Sua creazione. Egli è Uno perfetto: non vi è nessuno che possa stare al Suo fianco e non vi è nulla di cui possa patire l’assenza.

In principio dette inizio alla creazione dal nulla, per atto puro, senza preliminare riflessione, senza alcun esperimento antecedente, in assenza totale di movimento e di qualsivoglia genere di ispirazione. Egli assegnò ad ogni cosa il suo tempo, amalgamò per ciascuna di esse le specifiche variazioni, conferì loro le proprietà peculiari e determinò le rispettive caratteristiche, conoscendo ciascuna creatura prima ancor che venisse in essere; per ognuna di esse, dunque, definì i rispettivi limiti, sia gloria a Lui, e ne delimitò i confini, rimirandone le inclinazioni e le intrinseche complessità.

Quando creò i varchi propri dell’atmosfera, il firmamento in continua espansione e il flusso dei venti, Egli vi immise acqua in sospensione che, addensatasi in nubi tempestose, venne ad accumularsi in cumuli e nembi. Quindi la pose in balia di venti impetuosi e dirompenti tifoni, ordinando loro di spargerla sotto forma di pioggia e sottomettendone il precipitativo vigore al dominio eolico, stabilendo i limiti dell’una e degli altri. E dunque il vento soffiava attraverso le piogge mentre l’acqua fluiva giù furiosamente.

Dunque, sia gloria a Lui, creò il vento, ne definì movimento ed orientamento, ne graduò l’intensità di flusso e quindi lo diffuse in lungo e in largo. A quel punto gli ordinò di sollevare le acque profonde e di gonfiare d’impeto le onde di tutti gli oceani. Fu così che il vento soffiò su di esse facendole ribollire come latte cagliato e sollevandole con turbinosa violenza sino all’alto dei cieli; la tempestosa superficie delle acque di sotto sembrò voler violare i pilastri del cielo mentre anche ogni lembo di mare, percosso e stravolto, si ritrovò crepitante di schiuma. Allora sollevò quella candida schiuma sulle ali del vento, sino alle altezze del firmamento, e da essa formò i sette cieli di cui il più basso era il turbolento basamento ed il più alto la cupola protettiva di una sorta di altissimo edificio, privo di qualsivoglia sostegno o genere di assemblaggio che lo tenesse insieme. Infine Egli volle adornare la Sua opera con la bellezza degli astri e con lo sfolgorio dei corpi celesti, ponendo sotto il moto avvolgente delle sfere rotanti, dell’ultimo cielo e del firmamento intero, il sole splendente e la luna lucente.

In seguito Egli creò dei varchi tra i cieli più elevati e guarnì ciascuno di essi con le numinose schiere dei Suoi angeli. Alcuni di essi giacciono prostrati senza mai levare il proprio volto; altri, inginocchiati che non abbandonano mai la posizione loro assegnata; alcuni, allineati e all’impiedi non si muovono mai di un palmo; altri ancora glorificano Dio incessantemente, senza tregua alcuna. I loro occhi sono scevri da ogni torpore, nessun languore può affliggerne il corpo e le malie dell’oblio non hanno alcun potere su di essi.

Tra di essi alcuni sono gli araldi della Sua Rivelazione, altri gli ispiratori delle lingue dei profeti, altri ancora i portatori dei Suoi comandi e delle Sue ingiunzioni. Tra di essi vi sono i protettori delle Sue creature ed i custodi dei cancelli dei paradisi. Vi sono poi quelli i cui passi sono ben piantati in questa bassa terra ma le cui chiome si librano nell’alto dei cieli, le cui membra non hanno confini, le cui spalle sostengono le colonne del Trono, i cui occhi, compuntamente abbassati, Ne contemplano la magnificenza, e le cui ali si dispiegano devote al di sotto di Esso; costoro son quei che han posto sé stessi tra i veli d’onore e gli schermi di potere. Essi non si figurano il proprio Creatore per immagini, non Gli riferiscono alcun attributo proprio delle creature, non Lo relegano in alcun tipo di luogo e non si azzardano a rappresentarlo in nessuna guisa.

Poi, sia gloria a Lui, raccolse dalla terra dura, soffice, dolce ed aspra, dell’argilla su chi fece gocciolare stille d’acqua cristallina, sin quando non la rese pura; a quel punto, divenuta sufficientemente umida, la impastò sino a renderla viscosa. Fu in cosiffatta materia ch’Egli modellò un’immagine armoniosa di curve, giunture, sezioni e membra ben proporzionate. Allora, avendo deciso di renderla solida, la lasciò seccare per un lasso di tempo ben determinato e noto sin dal principio. Finalmente, Egli vi insufflò il Suo Spirito, ed ecco il primo esemplare d’essere umano, dotato di una mente che ne governi le funzioni, di un’intelligenza pronta per l’uso, di membra pronte a servirlo, di organi ognuno nella sua specifica posizione, del discernimento per saper distinguere il vero dal falso, di gusto, olfatto, colore e specie. Egli è l’armoniosa combinazione di argille variopinte, materia compatta, opposti divergenti e variegate proprietà quali caldo, freddo, morbidezza e durezza.

Allora Dio, sia gloria a Lui, chiese agli angeli di mantenere la promessa fattaGli e di ottemperare al loro impegno adorandoLo, prostrandosi innanzi alla Sua Maestà e sottomettendosi di buon grado alla Sua Eccellenza. Disse, sia gloria a Lui:

-Prostratevi ad Adamo- e tutti si prostrarono eccetto Iblis” (Corano, 2:34, 7:11, 17:61, 18:50, 20:116)

L’orgoglio gli impedì di fare il suo dovere e fu allora che il vizio ebbe la meglio su di lui: fu immantinente pervaso da un’insana fierezza per la sua generazione dal fuoco che lo portò, al contempo, a trattar con disprezzo ciò che ingenerasse dall’argilla. Al che Dio volle concedergli un tempo ben stabilito che gli meritasse pienamente gli strali della Sua incontenibile collera e che, di concerto, fosse di prova per l’uomo e coronamento delle promesse fatte al demonio. Disse:

Che tu sia tra coloro a cui è concessa la dilazione fino al Giorno del momento fissato” (Corano, 15:37-38, 38:81)

Poi, sia gloria a Lui, pose Adamo in una splendida dimora, in cui potesse vivere sicuro e beato, mettendolo in guardia dalle insidie di Iblis e del suo irriducibile odio. Intanto costui si rodeva d’invidia per dell’uomo e per la sua condizione virtuosa. E tanto fece che, alla fine, riuscì a trasformare la stabile dimora di Adamo in un errabondo peregrinar senza pace, e la sua fedele determinazione in fragile debolezza. Egli riuscì a pervertire la sua letizia in paura e il suo rango in vergogna. Fu allora che Dio, sia gloria a Lui, volle offrire alla sua creatura una possibilità di redenzione, istruendolo sulle sante parole della Sua misericordia, promettendogli il ritorno al Paradiso perduto e inviandolo giù in un luogo di prova in cui si moltiplicasse ed avesse una progenie.

E fu dalla progenie di Adamo che, sia gloria a Lui, scelse i profeti, impegnandoli ad accogliere il Suo Messaggio ed a farsi carico della sua diffusione. Nel corso dei secoli molti furono i popoli che ebbero a pervertirlo, ignorando la Sua signoria ed associandoGli pari fittizi. I demoni impiegavano ogni genere di artifizio per distogliere gli uomini dalla vera sapienza e tenerli lontani dalla dovuta adorazione. Allora, sia gloria a Lui, inviò tra di loro i Suoi Messaggeri, e intere schiere di profeti, per restaurare i doveri propri della creazione, per ricordare a tutte le creature i Suoi doni, per esortarle alla preghiera, per squadernare innanzi ai loro occhi ottenebrati dal peccato le occulte virtù della retta adorazione e per mostrare loro i segni della Sua Onnipotenza quali il cielo sulle loro teste, la terra sotto i loro piedi, tutti i mezzi di sostentamento concessi in abbondanza, l’inevitabile sorella morte, le malattie che consumano e invecchiano il corpo e tutti quegli accidenti che incombono su ognuno di noi.

Dio, sia gloria a Lui, mai permise che la sua creazione rimanesse priva di un Profeta inviato, o di un libro rivelato, o di una certezza incontrovertibile o di una preghiera costante. Codesti Suoi Messaggeri erano tali da non percepirsi mai come insignificanti dato il loro esiguo numero o a fronte delle affollate schiere dei loro avversari. Tra di essi vi era sempre un predecessore che avrebbe nominato il suo successore o un successore introdotto dal suo predecessore. In questo modo passarono secoli, il tempo scorse via e i padri presero il posto dei figli.

Così Dio, sia gloria a Lui, non designò Muhammad, pace su di lui e sulla sua famiglia, come Suo Messaggero, a compimento della Sua promessa e dell’intero ciclo della Profezia. Egli si fece carico del magistero profetico di tutte le epoche, i tratti del suo carattere erano amabili ed ammirati e la sua origine di nobili natali. Al tempo della sua venuta i popoli di tutta la terra erano dilaniati da inconciliabili divisioni, ognuno con i propri obiettivi e i propri percorsi, spesso contrapposti. Gli esseri umani, o riconoscevano la Signoria di Dio su tutto il creato, o distorcevano il Suo Santo Nome, o addirittura si rivolgevano ad altri da Lui. Con l’avvento di Muhammad, l’Altissimo si incaricò di riportare gli uomini sulla retta via, facendo sì che gli strenui sforzi di codesto Suo inviato liberassero ogni creatura dalle tenebre dell’ignoranza.

Dunque, sia gloria a Lui, scelse Muhammad, pace e benedizioni su di lui, per incontrarlo, lo elesse per la sua prossimità, riconobbe il suo alto rango e la dignità della sua persona e decise di rimuoverlo dall’arena della prova. Fu così che lo ricondusse a Sé ricolmandolo di tutti gli onori. Possa Iddio beneficare delle Sue benedizioni, lui e la sua progenie. Ma il Profeta lasciò tra di voi ciò che tutti gli altri Profeti lasciarono ai loro seguaci; egli non vi abbandonò in balia delle tenebre senza indicarvi un luminoso sentiero e senza uno svettante stendardo.

Si tratta del Libro del vostro Creatore che è tra voi, in cui siano specificate cose lecite ed illecite, obblighi e meriti, ingiunzioni abroganti o abrogate, cose permesse e materie cogenti, generalità e specificità, insegnamenti e descrizioni, lunghe enunciazioni e sentenze lampo, discorsi chiari e parole arcane, in cui talvolta l’arcano è svelato e la sintesi è spiegata sin nel dettaglio.

In esso vi sono alcuni versetti la cui conoscenza è obbligatoria ed altri la cui ignoranza è ammissibile. Le sue pagine contengono ciò che all’apparenza è obbligatorio ma che, nella realtà, è abrogato dalla sunna del Profeta, o che la sunna del Profeta apparentemente manifesta come imperativo pur essendo permesso nel Libro. Esso comprende tutte quelle cose che in un dato tempo furono obbligatorie, ma che in seguito cessarono di esserlo. Le sue proibizioni inoltre sono di vario genere. Alcune sono maggiori, la loro trasgressione prevedendo la pena del fuoco eterno, mentre altre son dette minori, essendovi per esse una possibilità di perdono. Vi sono infine quelle proibizioni la cui ottemperanza, seppur non integrale, è bene accetta, pur tenendo conto della possibilità di estensione della loro cogenza.

Dio rese obbligatorio l’Hajj presso la Sua Santa Casa, punto cruciale nella vita di ogni fedele, così come la sorgente d’acqua lo è per fiere e volatili. Poi, sia gloria a Lui, fece di codesta pratica un chiaro segno di devozione verso la Sua magnificenza ed un’icona manifesta di qualsivoglia rendimento di grazia al Suo onore. Egli selezionò tra tutta la Sua creazione esclusivamente coloro che, udita la Sua chiamata, risposero con sollecitudine, pronti a testimoniare la Sua Santa Parola. Essi ottennero il rango di Profeti, simili agli angeli che circondano il Suo Trono, ricettacoli delle innumerevoli benedizioni, scaturigine della Sua adorazione, in tal guisa approssimandosi più di chiunque altro ai beatifici frutti del perdono promesso. Fece erigere dunque, sia gloria a Lui l’Altissimo, la Sua Santa Casa affinché fosse emblema dell’Islam e oggetto di devozione per tutti coloro che la circumdeambulassero. Egli rese obbligatorio il Suo pellegrinaggio e ne stabilì la chiamata rendendo ogni credente responsabile dell’eventuale scelta di non aderirvi. Disse, sia gloria a Lui:

Spetta agli uomini che ne hanno la possibilità di andare, per Dio, in pellegrinaggio alla Casa. Quanto a colui che lo nega sappia che Dio fa a meno delle creature” (Corano, 3:97)

 

(2)

Descrizione di Dio, esortazione alla pietà, sdegno di questo mondo, Resurrezione e ammonimento per le genti

Sia lode a Dio, librantesi al di sopra di ogni cosa, Prossimano alla Sua creazione mediante il dono delle Sue effusioni di gioia e di grazia. Egli è origine d’ogni provvidenza, nonché liberazione da qualsivoglia pericolo. La mia lode salga a Lui per la Sua infinita generosità e per l’esondante oceano di bontà con cui avvolge ogni Sua creatura.

Io credo in Lui: Egli è il Primo, l’Unico, il Manifesto. Impetro la Sua guida poiché solo Lui è il sommamente Prossimo e, dunque, la sola vera Guida. Io invoco il Suo soccorso, poiché Egli è Imponente e Onnipotente. A Lui mi affido, tutto il mio essere sussiste grazie a Lui. L’unico Sostentatore. E testimonio che Muhammad è il Suo servo e il Suo Messaggero. Egli lo inviò tra di noi per restaurare il Suo decreto, compiere il suo dovere e come estremo ammonimento.

O servi di Dio, io vi esorto ad essere coscienti di Colui che definì le parabole e che stabilì la durata delle vostre vite. Egli vi fornì del necessario per vestire i vostri corpi e riempì il creato che poteste sostentarvi. Egli avviluppò i vostri animi col manto della Sua conoscenza e stabilì per voi la ricompensa. Vi concesse incalcolabili benefici, inondandovi della della Sua celeste grazia. Vi ammonì uno per uno tenendo conto di ognuno di voi singolarmente. Fu Lui a stabilire per quanti anni doveste dimorare in queste lande di prova e d’istruzione. Se siete qui a questo mondo, è per esser provati: alla fine del tempo dovrete render conto del vostro vissuto.

Per certo codesto mondo è irrorato da acque putride, pantanose ed impossibili da bere. Esso è ammaliante all’apparenza ma letale nella sua intrinseca sostanza. Esso altro non è che un illusorio miraggio, un fuggevole riflesso, ben misero fondamento e bieco cardine. Non appena i suoi spregiatori comincino ad apprezzarlo, iniziando a satollarsi dei suoi allettamenti, esso si libera della sua benevola maschera, cala giù il suo calcagno annientando codesti falsi godimenti, fa scattare la sua trappola, fa della sua preda il bersaglio dei suoi strali infuocati, ed infine cinge il suo collo con la morte, per trascinarlo sull’orlo di un abisso, sua eterna dimora, frutto della sua condotta. Ciò va avanti di generazione in generazione: né la morte riesce ad arrestare codesta tragedia, né i viventi riescono ad evitare la peste dell’agire peccaminoso.

Essi procedono di concerto laddove il tempo scorre e la Resurrezione irrompe: e allora ogni singola creatura sarà tratta fuori dal suo sepolcro, dal suo nido, dalla sua tana, dal gorgo della chera. Al divin comando ognuno di essi si affretterà, correndo verso un luogo stabilito, la landa dell’estremo ritorno; lì tutti si aduneranno in file, e nessuno potrà sfuggire all’imperscrutabile occhio ed all’estremo appello. Costoro indosseranno la veste dei reietti, coprendo omeri e lombi con il tragico manto della rassegnazione e dell’indegnità. In quel giorno ogni inganno sarà svelato, ogni desiderio stroncato, ogni cuore annegherà nel silenzio, ogni voce ammutolirà, ogni gola soffocherà pel terrore, la paura sarà insopportabile e ogni orecchio verrà annichilito dal Tonante Annuncio, gloriosa ricompensa per i giusti e dannazione eterna per i malvagi.

L’umanità fu creata a prova della Sua onnipotenza, fu allevata con autorevolezza, condotta al traguardo della morte e dunque deposta nel suo sepolcro affinché si mutasse in polvere. Ogni singolo uomo dovrà risorgere, per render conto della propria condotta , ognuno secondo la propria specifica responsabilità. A ognuno di essi fu concesso del tempo per guadagnarsi la salvazione e ritornare sulla retta via. Le fosche coltri del dubbio vennero rimosse affinché codesto tempo fosse propedeutico, fosse momento di meditata ricerca e, dunque, occasione foriera di grazia e approntamento del luogo venturo.

Abbiate ad ammirare la chiarezza adamantina e le limpide ammonizioni per cuori immacolati, orecchie pure, sguardi acuti e intelletti risoluti. Siate coscienti di Dio come colui che, udita una retta ingiunzione, si sottometta integralmente ad essa, commesso un peccato lo confessi a cuore aperto, invaso dal sacro timore agisca con virtù, edotto sulla verità si affretti a mutar condotta, divenuto raggiunto la certezza si impegni con tutte le forze per il bene traendo profitto dall’esperienza della vita, sobillato dalla tentazione stia attento e rifiuti recisamente il male, chiamato dal suo Signore risponda all’appello, caduto in tentazione subito si risollevi pentito, postosi alla santa sequela ne segua l’esempio e posto dinanzi al retto sentiero subito lo riconosca, sia alla continua ricerca della verità, libero dai condizionamenti del presente, facendo abbondante provvista di buone azioni, purificando il suo animo, lavorando per il mondo a venire, ed accumulando per il giorno della sua dipartita, tenendo in conto le difficoltà del viaggio, gli ostacoli e le sue necessità. Egli ha sempre innanzi agli occhi la dimora del mondo venturo. O servi di Dio, siate coscienti del vostro Signore! Ricordate il motivo per cui Egli ebbe a crearvi! TemeteLo, così come Egli vi ingiunse di fare. Cercate di meritarvi ciò che Lui vi promise: fidatevi della Sua promessa ed abbiate timore della Tribolazione del Ritorno.

Egli vi dotò di orecchie che preservassero ciò che è di vitale importanza, di occhi che vi liberassero dall’oscurità, di lombi e membra ben proporzionati e divisi in parti, le cui forme fossero in costante armonioso equilibrio con le stagioni della vostra vita, di corpi autosussistenti, e di cuori in continua ricerca del loro sostentamento e di ogni effusa grazia, indispensabile conseguimento per l’edificazione di un’inespugnabile fortezza di virtù. Egli fissò per ciascuno di voi un tempo la cui durata vi è ignota. Egli preservò per voi le vestigia dei vostri avi a che vi fossero di insegnamento. Costoro vissero ebbri di gioie mondane e, quando giunse la morte, non solo li colse ancora insoddisfatti, ma strappò alle loro caduche mani l’oggetto di cotanta bramosia. Essi non si premunirono quando erano ancora in forze e né vollero apprendere in gioventù.

Forse che costoro, che trascorsero la propria giovinezza nell’attesa della vecchiaia, e che si bearono dei loro anni migliori ignorando i malanni futuri, si preparassero all’incontro con la morte? Quando l’Ora si presenterà in tutta la sua crudezza, quando il viaggio finale sarà ormai alle porte, con le sue innumerevoli sofferenze, con la saliva che soffoca il respiro in gola, quando si invocherà al capezzale la presenza di familiari e amici affinché ci soccorrano o ci spostino su di un fianco all’altro nel letto, forse che potremo fermare la morte anche solo per un momento? Forse che un semplice lamento di donna potrà sortire un qualsivoglia effetto? Il destino sarà sempre il medesimo: l’estrema solitudine di una misera fossa, angusto ricetto dei nostri poveri resti.

E dunque, il deceduto? La sua pelle verrà rosicchiata dai vermi e tutto il suo bel sembiante, già consunto dagli anni e dalla vita, sarà definitivamente distrutto. Col tempo, le tempeste cancelleranno ogni sua traccia e le calamità ne rimuoveranno anche il ricordo. I corpi, giovani e freschi, si rinsecchiranno, le loro membra appassiranno mentre le ossa cominceranno lentamente ad imputridire. Le anime saranno seppellite sotto il peso dei loro peccati, prendendo brusca coscienza di tutti gli arcani sino allora preclusi. Allora si renderanno conto di non poter più riparare con le buone azioni, né di poter più espiare con un sincero pentimento del cuore. Non siete voi forse figli, padri, fratelli e familiari di persone già morte? Volete forse seguire i loro passi ed andare incontro al loro destino? Ma i cuori sono pigri, indifferenti alle celesti ammonizioni, sempre pronti a muovere verso la direzione errata, come se il destinatario fosse qualcun altro e la retta via consistesse nel fare incetta di beni mondani.

E sappiate che destino di ognuno di voi sarà attraversare il sottile passo, laddove ogni passo vacilla, ogni piede sdrucciola, e il pericolo incombe ad ogni istante. O servi di Dio, siate coscienti vostro Signore alla guisa di quell’uomo saggio che si volga alla cerca del mondo a venire: il timore ha piagato il suo corpo, la sua incessante preghiera notturna ha mutato il suo sonno in una costante veglia, la speranza dell’eterna beatitudine lo tormenta come sete inestinguibile, l’astinenza ha domato in lui ogni traccia di ostinato desiderio, e il continuo ricordo di Dio è l’unica motivazione per cui muova la lingua. Egli fa del timore il suo scudo, fugge sempre le vie incerte in favore di quelle diritte; imbocca la strada più corta che gli assicuri il traguardo; non vi è bramosia in grado di distoglierlo dal ricordo né ambiguità che possa offuscarne la chiara visione. Egli gode di un sonno sereno e vive ogni giorno con fede, felice del lieto annuncio e dei sublimi piaceri dell’eterna effusione.

Il suo vagar terreno è virtuoso e degno di lode. Egli accede all’Avvenire adorno di felicità. Libero dal timore del vizio, si accinge sollecito al perseguimento del sommo bene, vivendo il breve lasso della sua vita terrena con alacre lietezza. Tutta la sua esistenza è votata al conseguimento dei beni eterni ed al fuggire le insidie del male. Egli affronta l’oggi in previsione del domani, proiettando tutto sé stesso nell’orizzonte. Per certo il Paradiso è la migliore delle ricompense così come l’Inferno è il più giusto e terrificante dei castighi. Dio è l’unico vero Vendicatore ed il più perfetto dei Soccorritori ed il Suo Corano il più inoppugnabile tra gli argomenti, senza confronto alcuno.

Io vi esorto ad essere coscienti di Dio ché ha ci ha avvertito con estrema chiarezza e non vi sarà più scusa che possa valere. Egli vi ha messo in guardia dal nemico, da colui che saccheggia i cuori, sussurra mellifluo nelle orecchie, induce incessantemente in tentazione, promette il falso ed edulcora la percezione delle cose. Costui non fa che ammantare la sozzura del peccato con la più ammaliante delle apparenze, trasformando la crudezza del male in allettante piacevolezza: e allora ogni bene diverrà male, ogni luce diverrà oscurità, ed ogni certezza rassicurante si tramuterà in ruggente minaccia.

Osservate come Dio trasse l’uomo da un grembo oscuro e da coltri di veli da cui prese a fluire il vivifico seme! E quindi fu un grumo informe, poi un embrione, quindi un infante suggente, poscia un gioioso fanciullo ed infine un uomo pienamente formato. Egli gli donò un cuore per ricordare, una lingua per parlare ed occhi per osservare, al fine di apprendere e di comprendere e, dunque, attenersi ai nobili decreti e rifuggire le insidie del male.

Una volta terminata la crescita l’uomo divenne preda di vanagloria, cominciando a sviarsi. Egli si immerse nel venefico brago degli allettamenti mondani e del loro soddisfacimento, divenendo schiavo dei piaceri di questo mondo e dei suoi fini. Con temeraria incoscienza, non tenne in alcun conto i pericoli del male, né fu scosso da alcunché. Fu così che rese l’anima totalmente infettato dai suoi vizi. Egli non fece altro che spendere la sua breve vita grufolando nell’immondezzaio dei piaceri terreni, senza guadagnarsi alcuna ricompensa e senza assolvere a nessuno dei suoi obblighi. Un’infezione fatale lo annientò nel fiore degli anni e nel pieno dei suoi falsi godimenti, lasciandolo sconvolto. Si ritrovò di punto in bianco a trascorrere le sue notti fiaccato da debolezza, straziato dai dolori, stremato da pene e tormenti, dinanzi agli occhi smarriti e impotenti di padre, madre, fratelli e sorelle, tutti vibranti di pianto e lamenti. E lui se ne stava lì, stravolto ed esasperato dall’immane sofferenza, in totale deliquio, il volto rigato da lacrime di terrore, soffocato dagli spasmi, dall’angoscia e dalla morsa della morte.

Alla fine, cessata ogni apparente sofferenza, rimasto immobile e freddo, totalmente alla mercé del suo prossimo, fu rivestito del sudario. Quindi, deposto su una tavola, il suo corpo si mostrò in tutta la sua devastazione: straziato dagli atroci tormenti ed eroso da sofferenza. Una folla di giovani e di fratelli misericordiosi accorse per accompagnarlo all’ultima dimora, la dimora della solitudine, il luogo in cui ogni legame viene reciso. Poi il corteo funebre si diperse, i lamenti cessarono e lui fu calato nel fondo di un’angusta fossa, pronto per affrontare lo spaventevole interrogatorio angelico ed il successivo passaggio periglioso, le acque ribollenti, le arroventate bronzee porte dell’inferno e, dunque, le fiamme eterne con l’irresistibile potenza del loro accecante ardore. In quel luogo non vi sarà sollievo, né requie alcuna, né possibilità di intercessione, né morte liberatrice, né tantomeno il sonno dell’oblio. L’anima dannata si troverà ad affrontare innumerevoli morti spaventose, passando di tormento in tormento, senza fine. Dunque, affidiamoci alla misericordia del Signore e cerchiamo rifugio in Lui.

O servi di Dio! Dove sono coloro cui fu concessa una lunga vita da cui trarre i dovuti benefici? Ad essi fu insegnato, ed essi appresero. Eppure scelsero di sprecare il tempo concesso loro in cose vane; pur essendo sani scelsero di trascurare i propri doveri. Ad essi fu concessa una lunga vita, furono dotati di ogni ben di Dio, furono avvisati del castigo e della ricompensa. Dunque, fuggite il peccato che induce alla perdizione e rigettate ogni vizio o lo sdegno di Dio ricadrà su di voi.

O voi che avete occhi, orecchi, salute e ricchezza! Vi è forse su questa terra un luogo che possa dirsi sicuro? Un riparo che sia realmente solido? Esiste forse la possibilità di fuggire da questa realtà o di farvi ritorno? Come potete allontanarvi?” (Corano, 6:95, 10:34, 35:3, 40:62). Dove volete volgervi? Cos’è che vi ha tratto in inganno? Per certo, l’unica porzione di codesto mondo spettante a ciascuno di voi, sarà solo quel pezzo di terra, delle vostre stesse dimensioni e statura, in cui vi troverete a giacere, con le guance ricoperte di polvere. Approfittate del presente: è l’unica occasione che avete per agire.

O servi di Dio! Proprio ora che il collo è privo di giogo e lo spirito libero dai ceppi, è tempo di cercar la retta guida. È adesso che il vostro corpo è nel pieno delle forze; potreste adunarvi in una folla: dopotutto avete ancora una vita innanzi a voi. È ora che avete l’opportunità di agire secondo volontà. È ora che avete la possibilità di pentirvi e di approfittare di circostanze più vantaggiose. Ma è importante che agiate prima che la presente situazione volga al peggio, prima di esser sovrastati da malasorte ed angosce, da paura e debolezza, prima finire nella morsa dell’inevitabile quando Iddio deciderà di prendervi.

 

(3)

 Mas’adah ibn Sadaqa narra che Jafar Ibn Muhammad al-Sadiq gli disse: “L’Emiro dei Credenti ebbe a pronunciare questo sermone dal pulpito della moschea di Kufa nel momento in cui uno degli astanti si levò per chiedergli: “O Imam! Perché non provi a descriverci l’Altissimo in una guisa tale da permetterci di poterlo quasi vedere e, dunque, di poterlo conoscere ed amare ancor più intensamente?”. A udir queste parole, l’Emiro dei Credenti si adirò, ordinando che tutti gli abitanti della città fossero immediatamente adunati nella moschea. Quando il luogo fu gremito da una folla incalcolabile, egli prese a salire le scale del pulpito ancora in preda all’ira finché, raggiuntane la sommità, il colorito del suo volto subì un repentino mutamento. A quel punto, dopo aver lodato ed esaltato Dio, e invocato benedizioni sul Suo Profeta, egli così parlò:

Sia lode a Dio la Cui saggia parsimonia nell’effondere i Suoi doni giammai lo renderà ricco, e la Cui generosa prodigalità giammai avrà ad impoverirLo, sebbene, eccetto Lui, il prodigo sia destinato ad impoverire ed il taccagno a subire il giusto disprezzo per la sua meschinità. Egli benefica le Sue creature attraverso le Sue grazie e con l’elargizione dei Suoi doni e concessioni. L’intera creazione dipende integralmente da Lui. Egli l’ha provvista di ogni necessario mezzo di sostentamento, garantendone la sussistenza. Egli preparò la strada per coloro che volessero volgersi alla Sua contemplazione mirando a ciò che è presso di Lui. Egli è generoso, sia che Gli si chieda qualcosa, sia che ci si astenga dal farlo. Egli è il Primo, in quanto innanzi a Lui non vi è né un prima, né tantomeno un antecedente. Egli è l’Ultimo, per cui dopo di lui non v’è alcun dopo né alcunché che possa farVi seguito. Egli impedisce alle pupille di qualsiasi occhio di vederLo o di coglierlo nel fatto. Il tempo non ha alcun potere su di Lui, non patendo alcun cambio o mutamento insito in Lui. Egli non è circoscrivibile in alcun luogo, poiché in Lui non vi è alcun genere di movimento, tantomeno quello di luogo in luogo.

Se anche Egli decidesse di dar via tutte le ricchezze di tutte le miniere del creato, tutto l’oro, l’argento, le perle o tutto il corallo vomitato dagli abissi dell’oceano, né la Sua munificenza né tantomeno i suoi possessi ne verrebbero minimamente intaccati, in quanto i Suoi inesauribili tesori rimarrebbero comunque intatti, a prescindere dalle richieste delle sue creature: Egli, il Sommamente Generoso, per quanto insistenti e innumerevoli possano essere le suppliche e le pretese di mendici e postulanti, non avrà mai a immiserire.

Esaminiamo codesta vostra curiosità; riguardo ai Suoi attributi, essa rimarrà confinata nei chiari limiti stabiliti dal Corano e, dunque, esclusivamente soddisfatta ed illuminata dal già più che rifulgente sfolgorio della Sua guida. La conoscenza che Satana vi ha spinto a ricercare, che il Corano non vi invita a perseguire, e di cui non vi è traccia nella tradizione del Profeta e degli Imam della Guida, lasciatela a Iddio, sia gloria a Lui: essa è Suo esclusivo appannaggio; estremo limite che Egli vi impose di non trasgredire. Io vi dico che gli unici sapienti veramente radicasti nella conoscenza sono coloro che si trattengano dallo scostare gli arcani veli, per poi violare l’inaccessibile regno dell’ignoto; il riconoscimento della propria ignoranza impedisce loro di spingersi più in là di quanto concesso. E Iddio loda codesta ammissione d’impotenza riguardo a quel sia stato comunque precluso. Riguardo alla conoscenza, costoro non si arrischieranno mai a scandagliare profondità loro proscritte, e di questo ne faranno un vanto. Dunque, accontentatevi di quel che vi è stato concesso e non riducete l’ineffabile immensità delle cose divine alle sacrileghe capacità del vostro limitatissimo ingegno, dalla qual cosa non potreste che trarne annichilimento ed autodistruzione.

Egli è Onnipotente al punto che, se anche la freccia dell’immaginazione volesse raggiungere l’estremo limite di siffatto potere, se anche la mente, liberatasi da pensieri malvagi, tentasse di scovarla nelle profondità del Suo santo reame, se anche i cuori si provassero a cogliere le realtà dei Suoi attributi, e se anche la sottigliezza degli intelletti riuscisse a penetrare oltre i veli delle descrizioni per giungere al cuore della Sua essenza, pur se tutti insieme riuscissero nell’intento di attraversare illesi le oscure insidie dell’ignoto concentrando ogni loro energia su di Lui, comunque si ritroverebbero punto e daccapo, come se nulla fosse stato intrapreso. Chi si fosse cimentato in codesta impresa si ritroverebbe frustrato, sconfitto e costretto ad ammettere l’impermeabilità della divina conoscenza a qualsivoglia genere di temerario sforzo, poiché neanche uno iota della Sua Onorabilità potrà mai esser violata dall’umano pensiero.

Egli inverò la creazione senza alcun modello esemplare e senza alcun archetipo di riferimento frutto di una mente creatrice degna di culto che Lo preceda. Egli squadernò innanzi a noi il reame della Sua Potenza, mentre ogni meraviglia non faceva che cantar la Sua Saggezza senza eguali. Ogni Sua creatura non fa che proclamare la sua appartenenza a Lui, la qual cosa è per ciascuno di noi chiara prova della Sua esistenza e conoscenza. Le inequivocabili prove del Suo moto creativo e della Sua sapienza emergono luminescenti dall’incommensurabile bellezza della Sua opera. Qualsiasi cosa Egli abbia creato è un chiaro argomento in Suo favore ed una pietra miliare sul cammino verso di Lui. Anche ciò che sia silente comunque condurrà all’inequivocabile presenza del Suo santo segreto, come se parlasse, poiché, anche in questo caso, la strada verso il Creatore è dritta e chiara.

Io attesto che chiunque si attenti a paragonarti a un qualcosa negli angusti limiti degli umani lombi o di quell’insieme di giunture costituenti in unità le singole estremità di ogni corpo creato, in tutta la sua intima limitatezza, non abbia alcuna reale conoscenza di Te; e affermo che il suo cuore non benefici affatto dell’incontestabile certezza scevra dall’attribuirTi qualsivoglia genere di associazione. È come se costoro non avessero mai udito le parole con cui i seguaci delle falsità ebbero a dire: “Per Dio, certamente eravamo in errore evidente quando vi considerammo uguali al Signore dei mondi!” (Corano 26:97-98).

Chiunque, mediante un uso sconsiderato della propria immaginazione, abbia ad assimilarTi ai propri idoli, o abbia a rivestirTi dell’apparenza di una qualunque delle Tue creature, o con il pensiero abbia ad attribuirti parti del corpo, o, con il pernicioso lavorio del proprio ingegno, abbia a considerarTi alla stregua di alcunché di creato, sarà in palese errore. Io attesto che chiunque abbia ad equipararTi ad alcunché, Ti avrà associato ad un qualcosa, e chiunque abbia ad associarTi una qualunque cosa sarà nel novero dei miscredenti, così come inequivocabilmente affermato dai Tuoi chiari versetti e dalle Tue inconfutabili prove. Inoltre testimonio che Tu sei Dio, assolutamente irriducibile agli angusti limiti di un intelletto finito, dunque refrattario a qualsiasi mutamento di condizione necessario per esser colto dall’immaginazione o imprigionato dalle effimere catene di una mente circoscritta e mutabile.

Egli pose il limite di ogni cosa creata, rendendolo invalicabile, e ne stabilì il delicato equilibrio funzionale. Egli, inoltre, ne fissò l’orientamento, di modo che nessuna di esse potesse trasgredire i limiti del suo stato potenziale, né tantomeno deviare dal conseguimento del suo fine attuale, e come sarebbe stato possibile? Non vi era creatura che potesse o volesse disobbedire al Suo comando: ogni atto era assolutamente conforme al Suo volere. Egli è il Plasmatore della varietà di tutte le cose senza esercizio alcuno della facoltà immaginativa, senza una qualsivoglia spinta ispirativa celata in Lui senza la necessità di esperienze o modelli antecedenti, e senza la cooperazione di alcuno che lo assista nella creazione di cotante meraviglie.

Dunque, secondo su Suo ordine la creazione venne in essere, sottomessa al Suo volere ed al Suo appello. Né la lentezza della lumaca, né tantomeno l’inerzia suffragata da scuse varie e raccogliticce, poté inficiare cotanta sollecitudine. Egli drizzò le storture di ogni realtà, definendone i limiti. Con la potenza infuse coerenza in ogni sua creatura, armonizzandone gli opposti e donando loro uniformità di attributi. Egli suddivise tutti gli enti creati in categorie di limite, qualità, proprietà e forma. Fu allora che Egli rese salda ogni Sua creazione imprimendole l’intrinseca forma, in perfetta concordia con il Suo volere.

Egli stabilì le celesti cataratte, sia al vertice che all’imo della volta superna, definendone l’ampiezza e collegando le une con le altre. Rese agevole l’accesso alle sue mirabolanti altezze sia a quegli angeli che discendessero per render manifesti i Suoi decreti, sia a quelli che ascendessero per dar rendiconto delle umane condotte. Egli lo chiamò all’essere quando ancora era in forma di diafano vapore e, tutto in una volta, esso ebbe a coagularsi nella sua attuale complessione adamantina. Fu allora che Iddio volle aprirne i cancelli ben serrati, ponendovi come sentinelle le meteore sfolgoranti, ed assicurandone il fondamento con le Sue possenti mani, a che non avesse a precipitare e disperdersi nell’immensità dell’etere sovrano.

Egli ordinò che, in obbedienza al Suo volere, si mantenesse stabile ed immoto. E del suo radiante sole ne fece il risplendente diadema, e della sua diafana luna ne fece indicazione per la notte. Quindi impresse loro il movimento, secondo specifiche armoniose orbite, a che ciascuno seguisse una propria definita traiettoria che, tramite codesto reciproco moto, distinguesse il giorno dalla notte e permettesse il computo degli anni mediante l’osservazione astrale. A quel punto Egli volle incastonare, in codesta celeste immensità, il Suo bel firmamento, adornandone ogni profondo lembo con minuscole perle lucenti ed astri splendenti in guisa di lanterne. E, dunque, scoccò infinite meteore ardenti. Egli impresse loro un moto prestabilito, differenziandole poi in stelle fisse, stelle mobili, stelle ascendenti, stelle discendenti, stelle indicative di fenomeni fausti e infausti.

Dunque Iddio, gloria a Lui, creò gli angeli affinché popolassero l’alto dei cieli e dimorassero nelle sue più sublimi sfere. Costoro furon posti a presidio di ogni superna soglia, gremendo l’immensità delle armoniche sfere lungo tutte le loro rotanti circonferenze. Ed è proprio lì dalle sublimi fortezze, che riecheggiano i potenti armoniosi cori di codeste alate guarnigioni, glorificanti l’Altissimo, in divino paludamento, sotto un velame d’arcano mistero. E dietro cotanto celestial clamore, che ammalia ed assorda l’orecchio profano, potente rifulge quell’aureo fulgore che, abbagliato anche l’occhio più audace, impedisce ogni sguardo ostinato, richiamandone l’intrinseca finitudine.

Egli li creò di differenti forme, dotandoli di attributi diversi. Essi hanno le ali. Glorificano in perpetuo il Suo Onore sublime. Non si appropriano dell’abilità che Egli irradiò nel crearli, né tantomeno proclamano una propria capacità creativa, ineguagliabile appannaggio del Signore dei mondi: “Quelli non sono che servi onorati, che mai precedono il Suo dire e agiscono secondo il Suo ordine” (Corano 21: 26-27).

Egli affidò loro la Sua Rivelazione, inviandoli ai Suoi profeti come messaggeri delle Sue ingiunzioni e delle Sue proibizioni. Egli li rese immuni dagli scotenti marosi del dubbio. Di conseguenza, nessuno di essi potrà mai andare errato e smarrire il sentiero della divina obbedienza. Egli li irrora e sostiene con un’ininterrotta effusione di grazia, adornando i loro cuori dei benefici paludamenti di pace e umiltà, e schiudendo loro gli aurei portali della totale sottomissione alla Sua ineffabile Gloria. Egli eresse per loro svettanti rilucenti minareti a guisa di stendardi della Sua Unicità. Essi sono immuni dal fardello del peccato e ad ogni moto che le celesti rotazioni di giorno e notte possano in qualunque guisa indurre. La saldezza della loro fede è baluardo contro le infuocate frecce del dubbio. Le congetture non hanno alcun potere sulla certezza che pervade il loro credo. In costoro le scintille della sordida malizia non hanno di dove attecchire. Non vi è stupore o sbigottimento che possa offuscare la beatifica conoscenza custodita in loro, o che possa annebbiare la contemplazione della divina gloria e grandezza connaturata ai loro sfolgoranti petti. Non hanno alcuna inclinazione ai sussurri malvagi, né la sua infezione potrà mai intaccare i loro sublimi intelletti.

Tra di loro vi sono quelli che risiedono tra le fitte nubi, o sulle vette dei più alti monti, o addirittura tra la più impenetrabile tenebra. Alcuni hanno i loro piedi ben piantati nel più imo confine della terra. Codeste loro estremità son come immacolate insegne nell’immensità del vento. Sotto di essi soffia uno zefir di vento che li lambirà sino all’infinito limite.

Essi sono immersi nella totalizzante adorazione di Lui, mentre le realtà della loro fede li raccorda con l’inesauribile sapienza divina. La loro certezza è così pervasiva da schiuderli all’incessante Sua mirabile contemplazione. Essi desiderano Lui e nessun altro. Hanno gustato le dolci fragranze della Sua conoscenza e hanno bevuto alla traboccante coppa del Suo amore. Le radici del timor di Dio innervano le capillari profondità dei loro lucenti cuori tanto che le loro schiene son piegate in totale ubbidienza nei Suoi confronti. Sia la loro profonda umiltà che la grazia di un’incomparabile prossimità mai han reciso la robusta fune del loro timore.

Essi non agiscono mai per orgoglio. La limpida umiltà impedisce loro qualsivoglia vanto. La melanconia non li coglie nonostante le continue afflizioni. Il loro anelito a Lui non potrà mai infiacchirsi al punto da smarrire la speranza nel loro Signore. L’incessante orazione non ha mai a inaridire la punta delle loro lingue devote. I compiti loro assegnati non li impegnano mai in tal guisa da ridurre i loro possenti cori a flebili, sommessi vocii. I loro santi omeri non abbandonano di un sol palmo l’obbedienza a Lui. Essi non muovono di un nonnulla i loro colli, qualora ciò abbia a comportare un’aperta ribellione ai supremi comandi. Nulla può la la negligenza contro la loro determinazione e in alcun modo le astuzie del desiderio avranno la meglio sulle loro virtù.

Essi contemplano il Signore del Trono come unico loro sostegno nei Giorni del Bisogno. Ed è proprio per codesto amore che, quand’anche ogni essere creato scelga di volgersi alle altre creature, essi non distoglieranno mai da Lui anche se la loro costante adorazione non giunge mai al suo limite estremo non avendo questo mai fine. L’appassionato amore per essa non patisce distrazione di sorta se non quando viene a volgersi verso le scaturigini dei propri cuori, mai disertate dalla divina speranza e dal divin timore, che mai li abbandona. Né vi è alcun genere di tentazione che possa ammaliarli al punto da preferirle al loro impegno.

Essi non hanno alcuna considerazione della propria condotta passata poiché se l’avessero minimamente apprezzata gli sarebbe svanita ogni traccia di celeste speranza. Essi non furono mai discordi tra loro riguardo al Signore in quanto immuni alla sopraffazione di Satana. Il flagello del dissidio intestino non ebbe mai ad incrinarne l’unione, né tantomeno rancori o reciproci inganni poteron mai nulla contro di loro. Errori e devianze non ebbero mai a dividerli. Le differenti gradazioni di coraggio, non riuscirono mai a scompigliar l’armonia di cotanta divina compagine poiché essi sono sommamente votati alla fede. E non vi è corruzione intellettiva, eccesso, accidia, o tantomeno concupiscenza, in grado di recidere l’indissolubile filo che li lega gli uni agli altri. Non vi è angolo di cielo che non ospiti un angelo prostrato innanzi al suo Signore o intento a sollecita obbedienza ai Suoi comandi mentre si arricchisce di conoscenza da parte del Suo Signore, e mentre la Sua onorabilità trabocca feconda dalla vasel dei loro cuori.

Così trasse la terra dagli abissi dei mari tumultuosi, nel mezzo di scotenti fortunali e terribili marosi, lì dove onde turrite davano di cozzo l’una contro l’altra, tra turbini crescenti ed incessanti. Le loro acquose creste schiumavano copiose come una femmina di cammello nel pieno dei calori. A quel punto le acque tempestose furono domate dal peso della terra: non appena essa ebbe a schiacciarle sotto il proprio sovrastante petto, subito il loro tonante turbinio venne a placarsi, mentre il rullo compressore dei suoi omeri ossuti e prepotenti rese docile e prona ogni sua ulteriore rutilanza. Allora, cessato ogni tumulto, vi fu subito bonaccia ed il mare, ormai domo e sottomesso, fu come un prigioniero in ceppi, mentre la terra prese ad estendersi in ogni dove, mettendo solide radici nelle scotenti profondità di quegli abissi. Fu così che essa pose fine al dominio incontrastabile delle acque neutralizzandone l’intrepidezza: esse, dunque, cessarono ogni intemperie, placandosi del tutto.

Quando lo scatenato potere delle acque decadde sotto i fianchi della terra e sotto il peso dei monti posti a presidio delle sue possenti spalle, Dio fece scaturire limpide sorgenti d’acqua sulle alte vette di ognuno di essi, conducendone il docile flusso sino in piano e verso i luoghi più ad imo, moderandone lo scorrimento mediante un sapiente equilibrio di rocce ben dislocate e ripidezza dei pendii. Infine il loro vivace crepitio venne a fermarsi, sia per la permeabilità di talune superfici montane, sia per la loro dislocazione in aree depresse o nettamente in piano. Poi Iddio volle porre, tra la terra ed il sovrastante firmamento, un’enorme vastità che scelse di riempire di venti sbuffanti a beneficio di tutte le creature che, una volta venute in essere, volle diffondere in ogni luogo e in ogni plaga. Fu per questo che non volle trascurare neanche quei lembi di terra sterili, privi di fonti o di fiumi impetuosi, creando a tal proposito nuvole fluttuanti e gravide d’acqua che li vivificassero e li rivestissero di lussureggiante vegetazione.

Dall’unione di piccole nubi trasse un immane nembo e, quando l’umidità ivi raccolta fu satura al punto da far scaturire tonanti saette sia dai gravidi cumuli che da quelli più bianchi, Egli lo inviò affinché spargesse piogge copiose. Dunque la nuvola si appressò alle plaghe terrestri e, come strizzata dai venti discendenti, cominciò a grondare acqua a profusione, simile a una femmina di cammello che si piegasse per la mungitura. Poi una volta che il nembo si fu prosternato, scaricando tutta la pioggia, Iddio rivestì ogni pianoro di roride verzure, adornando addirittura le aride superfici montane di un fresco tappeto di soffici erbette. Fu così che la terra arrise adorna dei suoi giardini, attonita di cotanto delicato prospero ammanto e di cosiffatti preziosi ornamenti. Dio fece di tutto ciò un sostentamento per l’uomo e necessario nutrimento per gli animali. Infine aprì strade, lungo tutta l’estensione del verde giardino, e le costellò di svettanti luminosi minareti che fungessero da guida al futuro viandante.

Dopo aver suscitato la terra e realizzato ogni Suo decreto, elesse Adamo, pace su di lui, a vertice della creazione e qual migliorm esemplare. Egli lo creò affinché risiedesse in paradiso ed ivi si nutrisse, indicandogli espressamente ciò che gli fosse specificamente proibito. Quindi lo avvertì che una qualunque trasgressione in tal senso avrebbe costituito un’aperta ribellione al Suo comando nonché un pericolo per la sua stessa posizione. Ma Adamo scelse di trasgredire, così come Iddio Onnisciente, nella Sua prescienza, già aveva previsto. Fu così che il Signore, dopo aver accettato il suo pentimento, volle esiliarlo ad imo, affinché popolasse la terra con la sua numerosa progenie, e affinché fungesse da Sua prova vivente e monito tra tutte le altre creature.

Anche quando Adamo ebbe a rendere l’anima, Dio non volle in alcun modo lasciare il mondo senza un qualcuno che fosse prova e monito vivente della Sua Signoria, e che facesse da ponte tra tutte le creature e la Sua conoscenza; dunque, Egli provvide le sue creature dei necessari segni, attraverso l’elezione dei profeti, portatori della Santa Rivelazione, fin quando, era dopo era, il passaggio di codesto testimone non giunse al Profeta Muhammad, pace e benedizioni siano su di lui, ultimo e definitivo sigillo alla discesa dei Suoi ammonimenti e prescrizioni.

Egli predispose sia abbondanza che penuria di mezzi di sostentamento, distribuendoli con scarsezza o a profusione, a seconda della Suo volere. In questa guisa agì comunque secondo giustizia mettendo alla prova chiunque Lui scegliesse, o attraverso la prosperità o mediante l’indigenza, per vagliare sia la riconoscenza del ricco che la sopportazione del povero. Dunque, volle accostare l’abbondanza all’indigenza, la sicurezza alle angosce dei flagelli e i piaceri della vita ai terribili dolori della sofferenza. Egli stabilì la durata dell’esistenza di ogni Sua creatura che prima o dopo sarebbe comunque finita, per Suo inappellabile decreto, con la morte, a cui conferì il potere di strappar via la fune dell’età e, quindi, di farne scempio.

Egli conosce qualsiasi segreto Gli si voglia occultare, ogni conversazione, anche la più riservata, le più intime emozioni di chiunque abbia a indulgere in congetture, le più incrollabili recondite certezze, i più impercettibili ammiccamenti dello sguardo, le più remote profondità del cuore, sino agli abissi più insondati dell’ignoto. Egli conosce ciò che può essere udito solo accostandovi l’orecchio: la vivacità dei formicai in estate, la placida quiete invernale dei nidi d’insetto, i gemiti di una donna addolorata o il trapestio di passi lontani. Egli conosce ogni singola macula propria della guaina delle foglie, di dove nascerà il futuro frutto, le più remote spelonche montane, rifugio e tana di ogni genere di fiera, le valli più nascoste, i più introvabili nidi di zanzara nei tronchi d’albero con l’erba che li ricopre, gli esatti punti di ogni ramo da cui germoglierà il frusciante fogliame, l’esatto percorso del seme di vita attraverso lo stretto passaggio dei lombi, le nubi piccole e quelle enormi, ogni goccia di pioggia in sospensione in un cumulonembo, la polvere scossa via dal brusco volteggiar di un’ampia veste, i solchi cancellati dall’impeto di un’alluvione, gli impercettibili movimenti degli insetti nelle dune, i nidi d’uccello a picco su ripide falesie e i canti d’usignuolo dopo la covata.

Egli conosce ogni arcano celato nel cuor di madreperla e coperto dalle onde degli oceani, ogni segreto avvolto nelle tenebrose coltri della notte ed ogni realtà risplendente alla luce del dì: che prevalga il buio o il baglior più sfolgorante, Egli vede ogni cosa senza alcun impedimento. E conosce le impronte di ogni passo, il sentor di movimento, l’eco di qualsiasi suono, l’impercettibile sussulto di ogni labbro, il rifugio di ogni essere vivente, il peso anche della più minuscola particola, il lamento di ogni cuore in subbuglio e qualsiasi cosa si trovi sulla terra, che si tratti di frutti, foglie cadenti, semi cosparsi, sangue in via di coagulazione o già raggrumato, o embrioni in via di sviluppo, sulla soglia della vita.

In tutto ciò Egli non subisce patimento alcuno, non vi è impedimento di sorta che Lo ostacoli nella preservazione della Sua creazione, né vi son dolori o angosce di alcun genere che possano impedire l’inverarsi del Suo decreto e la cura di ogni singola creatura; La Sua ineffabile conoscenza innerva ogni fibra del Suo immenso creato, tenendo conto di tutti i suoi abitanti. Il possente braccio della Sua infinita giustizia si estende su ognuno di essi, mentre la Sua grazia li avvolge a prescindere dalle loro mancanze e cadute.

O Dio! Non esistono parole che possano descrivere la Tua magnificenza, a Te appartiene la più alta gloria. Quel desiderio che Ti abbia ad oggetto, avrà per certo scelto il meglio a cui si possa mai aspirare. Quella speranza che riposi in Te, per certo confiderà su quanto di più onorato esista in tutto il cosmo. O Dio! Tu mi hai concesso un tale potere, che non mi è possibile lodare altri che Te. Non posso che elogiare esclusivamente Te. Rivolger le mie lodi ad altri da Te non costituirebbe che fonte di sgomento dubbio. Non smetterò mai di ringraziarTi per aver impedito alla mia lingua di sprecarsi in vani incensamenti che avessero ad oggetto esseri umani o un qualunque altro essere creato e, dunque, bisognoso di sostentamento. O Dio! Chiunque elogi od esalti qualcuno può vantare innanzi a lui il diritto ad un premio o, quantomeno, ad una ricompensa ma io, per certo, mi sono volto a Te, pieno di speranza della Tua misericordia e del Tuo perdono. O Dio! Qui innanzi vi è colui che contempla esclusivamente la Tua Unicità, senza curarsi di altri che pretendano di essere degni di lode e gloria. Il mio abbandono al Tuo santo arbitrio è tale che, se anche fossi nell’indigenza o nella più cogente necessità, non potrei che confidare nella possanza della Tua munificenza e nell’oceano della Tua generosità. Dunque, in codesta situazione, sii soddisfatto di noi e liberaci dalla tirannia di qualsiasi mano che non sia la Tua. “In verità, Tu sei l’Onnipotente” (Corano 66:8).