YUSŪF

SURA DI GIUSEPPE1

In nome di Allah il Misericorde il Misericordioso

1. Alif Lam Ra.2Quelli sono i segni del Libro Manifesto.3

2. Invero lo abbiamo fatto scendere come Corano arabo affinché capiste.4

3. Noi ti raccontiamo il migliore dei racconti col rivelarti questo Corano anche se prima ne eri ignaro.5

4. Quando Giuseppe disse a suo padre: “O padre mio! Invero ho visto undici stelle, e il sole e la luna, li ho visti innanzi a me prosternarsi”,6

5. disse: “O figliuol mio, non raccontare la tua visione ai tuoi fratelli che tramerebbero trame contro di te. Invero Satana è per l’uomo nemico manifesto.7

6. E così ti sceglierà il tuo Signore e t’insegnerà la realità degli eventi e compirà su di te il Suo favore, e sulla famiglia di Giacobbe, come lo compì sui tuoi due padri dapprima Abramo e Isacco. Invero il tuo Signore è Sapiente, Saggio”.8

7. E per certo in Giuseppe e i suoi fratelli ci sono segni per chi chiede.9

8. Quando dissero: “Giuseppe e suo fratello son più cari a nostro padre di noi, ma noi siamo tenaci. Invero nostro padre è in errore manifesto.10

9. Uccidete Giuseppe o abbandonatelo in una qualche terra, e allora il volto di vostro padre sarà per voi, e siate dopodiché gente proba”.11

10. Disse uno di loro: “Non uccidete Giuseppe ma gettatelo nel fondo del pozzo ché lo trovi qualche carovana, se proprio dovete farlo”.12

11. Dissero: “O padre nostro! Che hai che non ci affidi Giuseppe; eppure siamo genuini nei suoi confronti.

12. Mandalo con noi domani a divertirsi e a giocare, e invero lo proteggeremo”.

13. Disse: “Mi rattrista che lo portiate, temo che il lupo lo divori mentre voi siete dimentichi.

14. Dissero: “Se il lupo lo mangia e noi siamo tenaci saremmo veramente tra i perdenti”.13

15. Quando poi lo portarono e decisero di gettarlo nel fondo del pozzo, gli rivelammo: “Rinarrerai loro questa loro situazione quando saranno inconsapevoli”.14

16. E tornarono dal loro padre di notte mentre piangevano.

17. Dissero: “O padre nostro! Invero siamo andati a fare una corsa e abbiamo lasciato Giuseppe con la nostra roba e il lupo lo ha divorato. Tu non ci credi nonostante siamo veritieri”.

18. E gli mostrarono la sua tunica intinta di sangue mentito. Disse: “ Vi siete allettati qualcosa; ma bella pazienza! E Allah è il Ricorso contro quello che presentate”.15

19. E giunse una carovana e mandarono uno di loro ad attingere l’acqua. Questi fece scendere il secchio e disse: “Lieta novella! Questo è un ragazzo!”. Lo nascosero come merce. E Allah è Sapiente di quel che facevano.16

20. Lo vendettero a basso prezzo, per poche dramme, senza che volessero tenerlo.17

21. E disse chi lo acquistò in Egitto alla sua donna: “Dagli dimora onorata, può darsi che ci sia utile o che lo prendiamo come figlio. Così stabilimmo Giuseppe in quella terra affinché gli insegnassimo l’interpretazione degli eventi. Allah ha il predominio nel suo affare ma la maggior parte degli uomini non lo sa”.18

22. Quando raggiunse la sua età adulta, gli demmo giudizio e conoscenza. E così compensiamo i benevoli.19

23. Colei nella cui casa abitava gli chiese si desse a lei, chiuse le porte e disse: “Vieni!”. Disse: “Il rifugio è presso Allah! Il mio Signore mi ha dato buona dimora e invero gli iniqui non prospereranno”.20

24. Certamente ambiva a lui ed anche lui l’avrebbe ambita se non avesse visto la prova del suo Signore. Così respingemmo da lui il male e la turpitudine. Invero era uno dei Nostri servi purificati.21

25. E corsero ambedue verso la porta, lei gli strappò la tunica da dietro e alla porta si imbatterono nel signore di lei. Disse: “Quale è il compenso di chi ha voluto il male per la tua famiglia se non la prigione o un doloroso castigo!”.22

26. Disse: “Lei mi ha chiesto di darmi a lei, e un testimonio della sua famiglia testimoniò: “Se la sua tunica è stata strappata per davanti lei ha ragione e lui tra i mendaci

27. e se la sua tunica è stata strappata per di dietro lei è mendace e lui tra i veritieri”.

28. Dunque quando vide che la sua tunica era strappata per di dietro disse: “Invero è una delle vostre astuzie. Invero le vostre trame sono immense!.23

29. Allontanati da questo, Giuseppe. E tu implora perdono per la tua colpa, ché in verità sei stata tra gli erranti!”.24

30. Dicevano donne in città: “La donna del principe spinge il suo servo per darsi a lei! Certo che l’ha infatuata d’amore. Invero la vediamo in errore manifesto”.25

31. Dunque quando sentì le loro dicerie mandò ad invitarle e preparò sentito i loro discorsi, inviò loro qualcuno e preparò un convito, diede a ciascuna di loro un coltello e disse: “Esci al loro cospetto!”. Quando lo videro lo ammirarono e si tagliuzzavan le mani, e dissero: “Allah ce ne guardi! Questo non è un uomo! Questo non è altro che un nobile angelo!”.

32. Disse: “Ecco colui per il quale mi biasimate. Certo è che ho bramato si desse a me ma si è contenuto. E se non farà quel che gli comando sarà imprigionato e sarà tra i miserabili”.26

33. Disse: “O mio Signore, Amo meglio la prigione che quel a cui mi invitano. Se non allontani da me le loro trame inclinerò verso di loro e sarò tra gli ignoranti.

34. Il suo Signore gli rispose e allontanò da lui le loro trame. Invero Egli è l’Ascoltatore, il Sapiente.

35. Poi dopo che gli fossero giunti i segni lo imprigionarono per un periodo.27

36. Con lui entrarono in prigione due giovani. Uno di loro disse: “Continuo a vedermi mentre spremo del vino”. Disse l'altro: “Continuo a vedermi mentre porto sulla testa del pane e gli uccelli ne mangiano. Dacci l’interpretazione di ciò. Invero, vediamo che sei tra i benevoli”.28

37. Disse: “Non riceverete cibo prima che vi informi della sua interpretazione. Quello è quanto il mio Signore mi ha insegnato. Invero ho abbandonato il credo di gente che non crede in Allah e che rinnegano l’Avvenire. 29

38. Seguo il credo dei miei padri Abramo, Isacco e Giacobbe. Non si abbia ad associare niente ad Allah. Quello è un privilegio di Allah per noi e per gli uomini, ma la maggior parte di loro non ringraziano.30

39. O compagni miei di prigione! Signori svariati son meglio di Allah, l'Unico, Colui Che prevale?31

40. Non adorate all'infuori di Lui altro che nomi che avete nominato voi e i vostri padri sui quali Allah non ha fatto scendere nessuna autorità. Invero la sovranità appartiene ad Allah. Vi ha ordinato di non servire altri che Lui. Quella la retta religione ma maggior parte degli uomini non sa.32

41. O compagni miei di prigione! Uno di voi due verserà il vino al suo signore, l'altro sarà impalato e gli uccelli gli mangeranno la testa. L’affare sul quale mi avete interpellato è decretato.33

42. E disse a quello dei due che riteneva si sarebbe salvato: “Ricordami presso il tuo signore”. Satana gli fece dimenticare il ricordo del suo signore dunque rimase in prigione per diversi anni.34

43. Disse il re: “Invero vedo sette vacche grasse che mangiano sette vacche magre, e sette spighe verdi e altrettante secche. O notabili! Interpretatemi la visione, se le visioni interpretate”.

44. Risposero: “Sogni confusi. Non conosciamo la realità dei sogni”.35 

45. Disse quello dei due che era stato liberato ricordandosi Giuseppe dopo un lasso di tempo: “Vi informo io della sua realità. Mandatemi da lui”.

46. “Giuseppe, o verace, spiegaci [il significato] di sette vacche grasse che sono mangiate da sette magre, e di sette spighe verdi e di altre sette secche così che torni a quella gente affinché sappiano”.

47. Disse: “Coltivate per sette anni all’usual modo. Tutto quello che avrete raccolto lasciatelo in spiga eccetto il poco che mangiate.

48. Verranno dopo di ciò sette anni di carestia che si mangeranno tutto quello che avrete preparato per essi eccetto quel poco che conserverete.36

49. Poi, dopo di ciò verrà un'annata in cui gli uomini saranno soccorsi e spremeranno”.37

50. Disse il re: “Portatemelo”. Quando giunse il messaggero disse: “Ritorna presso il tuo signore e chiedigli: “Cosa intendevano le donne che si tagliuzzarono le mani? Invero, il mio Signore ben conosce le loro trame”.38

51. Disse: “Qual era la vostra intenzione quando volevate che Giuseppe si desse a qualcuno?”. Dissero: “Allah ce ne guardi! Non conosciamo male alcuno su di lui”. La moglie del capo disse: “Ormai la verità è manifesta: io gli ho chiesto di darsi a me. In verità, egli è tra i veritieri”.39 

52. “Ciò affinché il mio padrone sappia che non l' ho tradito in segreto, e che invero Allah non guida le trame dei traditori".40 

53. E non mi assolvo che invero il sé comanda al male all'infuori di quel che è sotto la misericordia del mio Signore. Invero il mio Signore è Perdonatore, Misericordioso. 

[continua...]

  • 1. Questa sura racconta come Allah interagisce con i Suoi servi quando questi si sottomettono totalmente a Lui. Per “sottomissione” si intende qui l’abbandono della propria volontà egoica e l’affermazione della volontà divina. Come sarà possibile notare, qualsiasi cosa venne usata contro Giuseppe ebbe per lui risvolti positivi: i suoi fratelli cospirarono contro di lui, lo stesso fecero le donne nella corte del re d’Egitto, eppure Allah mutò tutte le sue difficoltà in bene ed in qualcosa di buono. Si tratta in altre parole della custodia divina (wilāyah) quando Allah si prende cura dei Suoi servi devoti.
  • 2. Alīf Lam Ra è una sequenza delle lettere disgiunte che si trova dalla decima sura fino alla quindicesima sura. In genere le varie sequenze di lettere disgiunte nel nobile Corano sono allineate una dopo l’altra all’infuori di Alīf Lam Mīm che giunge all’inizio del Libro e nel mezzo. a Sīn giunge invece dalla ventiseiesima sura alla ventinovesima sura, Ĥa Mīm giunge verso la fine, eccetera. Degno di nota è il fatto che la similitudine delle sure che iniziano con le medesime lettere disgiunte hanno alcuni significati e concetti in comune.
  • 3. I passi del nobile Corano vengono definiti “segni” (ayāt). Inizialmente l’uomo è in grado di conoscere Allah attraverso i Suoi segni anche se poi gradualmente questi segni acquisiscono un ruolo più marginale onde focalizzarsi sulla presenza di Allah stesso. Ogni cosa nel creato è un segno di Allah e indicazione verso di Lui. I passi coranici vengono chiamati “segni” del Libro Manifesto: il libro è manifesto quando se ne riesce a percepire i segni che lo rendono visibile e disponibile. L’indicazione, a sua volta, viene individuata quando c’è una sorta di accordo tra due parti, in questo caso tra noi e Allah, che ne permetta l’identificazione e la traduzione. Questo tipo di facoltà è insita in ogni essere umano il quale non deve far altro che captare i segni e aprire il Libro per dedurne i profondi significati. Le realtà del libro sono state poste da Allah dentro noi stessi nonostante la maggior parte delle persone è dimentica e necessita di sottostare ad un processo di purificazione per riscoprirle: “E non lo toccano se non i puri” (56:79). Non si può accedere al Libro di Allah se non purifichiamo noi stessi, e per far ciò si dovrà ponderare a fondo ogni lettera, parola ed espressione del nobile Corano e viverne in prima persona gli insegnamenti.
  • 4. I significati del Libro Manifesto sono stati resi chiariti per l'umanità dopo esser stati fatti scendere e rivelati in lingua araba. Il sommo Profeta ha trasmesso sia i significati che le parole proveniente da Allah l’Altissimo. Il passo infatti dichiara “Invero lo abbiamo fatto scendere come Corano arabo” implicando così che sia significati che parole abbiano origine divina e che il Profeta li abbia trasmessi entrambi, e non che abbia trasmesso i significati divini con parole sue. Per “arabo” possono essere intesi tre concetti: che si tratti di un linguaggio chiaro, come quando si dice “sto parlando italiano” intendendo “sto parlando chiaramente e non in modo confuso”, che si tratti del linguaggio comune tra le genti a cui venne in primis trasmesso il nobile Corano, e che si tratti de un vero e proprio linguaggio sacro scelto da Allah per comunicare all’umanità realtà spirituali che altrimenti non sarebbero state trasmesse.
  • 5. Il racconto del profeta Giuseppe viene definito “il migliore dei racconti”; esso infatti incluse una varietà di insegnamenti fondamentali a cui ogni uomo può relazionarsi: verità e falsità, ingiustizia e giustizia, ricchezza e povertà, tradimento e fedeltà, eccetera. Gli insegnamenti racchiusi nella sura di Giuseppe sono immensi ed ogni persona, in qualsiasi situazione si trovi, ne può trarre giovamento. Il termine ghāfil, che in questo caso significa “ignaro”, indica chiaramente che il sommo Profeta non fosse a conoscenza della storia di Giuseppe e che fu Allah a rivelargliela. Tutto appartiene e proviene da Allah e Lui soltanto e conoscitore dell’occulto e del palese, è quindi un errore ritenere che profeti e imam siano a conoscenza di ogni cosa e di ogni mistero che pervade l’universo. Infatti, non a caso, Allah ordina al sommo Profeta: “Dì:- O mio Signore! Accrescimi conoscenza-” (20:114). D’altra parte è un errore ritenere anche che la conoscenza dei profeti e degli amici di Allah si basi esclusivamente sull’esperienza empirica o razionale; per esempio per quanto concerne Khiḍr vien detto “E gli abbiamo insegnato una conoscenza presso di Noi” (18:65) intendendo con il “presso di Noi” una conoscenza speciale che addirittura Mosè, profeta di Allah, perseguì e ricercò impazientemente.
  • 6. Il racconto inizia con Giuseppe che in giovane età narra un suo sogno al padre il quale ne conferma la veridicità. Da ciò se ne deduce che i sogni possano essere veritieri ed illusori e che anche il sogno di un giovane possa essere preso in seria considerazione. Giacobbe intuisce immediatamente che si tratta di un sogno veritiero e ne comprende subito il significato.
  • 7. Giacobbe ordina a Giuseppe di non rivelare il sogno ai fratelli maggiori poiché questi, mossi da invidia, non avrebbero esitato a fargli del male. I sogni infatti non andrebbero rivelati a chiunque ma solo a persone sincere e fidate. Questo passo coranico ricorda che Satana è un nemico manifesto nonostante che il male, l’invidia in questo caso, provenga dai fratelli stessi. Ciò perché non appena Satana trova terreno fertile, si insidia stimolando ulteriormente le intenzioni negative delle genti.
  • 8. Giacobbe capisce che Giuseppe sarebbe diventato una persona assai speciale e che Allah gli avrebbe insegnato l’interpretazione degli eventi, dei sogni, ed avrebbe completato il Suo favore su di Lui. Egli capisce che Allah avrebbe scelto Giuseppe attraverso un sogno, fenomeno, dunque, degno di considerazione. Il nobile Corano dichiara: “Allah prende le anime al momento della morte e quelle di chi non muore durante il sonno: trattiene quelle di cui ha deciso la morte e rilascia le altre fino ad un termine stabilito” (39:42). L’anima viene “presa” da Allah durante il sonno, durante questa “presa” ogni conoscenza ottenuta è nitida e genuina, quando però l’anima ritorna e viene contaminata da inclinazioni personali, influenze demoniache o inferenze mondane, perde il contatto originario con la verità e ne diviene dimentica. Il completamento del favore su Giuseppe invece rappresenta il sigillo di tutti i favori da parte di Allah, qualsiasi cosa si riceva - sia essa potere, ricchezza, intelligenza o altro - Allah se ne fa carico e viene quindi usata a fin di bene indipendentemente dalle implicazioni e conseguenze che questi favori possano avere nel mondo su coloro che ne sono soggetti.
  • 9. Si narra che un gruppo di ebrei chiese al sommo Profeta di riportargli il racconto di Giuseppe. Allah risponde alla loro domanda con la rivelazione di questa sura fornendogli qualcosa di molto più importante di quel che hanno chiesto. In questa sura non sono infatti i dettagli storici ad essere messi in risalto ma dei “segni”, degli insegnamenti, di cui l’uomo dovrebbe farne tesoro. Degno di nota è il fatto che Allah utilizzi l'espressione "in Giuseppe e i suoi fratelli" e non "nella storia di Giuseppe e dei suoi fratelli".
  • 10. I fratelli di Giuseppe non capiscono il motivo dell’attenzione di Giacobbe nei suoi confronti e ritengono di essere degni di maggiore considerazione per via della loro forza fisica, della loro tenacia e della loro solidarietà che li unisce e li rafforza. Invece di cercare di comprendere il vero motivo dell’attenzione di Giacobbe verso Giuseppe e migliorare sé stessi, essi puntano il dito contro il padre ritenendolo in errore senza capire che la potenza e la notorietà non rappresentano un pregio quanto le qualità morali, etiche e spirituali. E’ quello che fanno tante persone che invece di esaminare sé stesse puntano sempre il dito contro qualcun altro non facendo così alcun passo avanti sulla retta via. Molta gente valorizza potere e ricchezza al punto tale di snobbare i più poveri fossero anche eticamente e spiritualmente più nobili. Ciò è però errato e non fa parte della tradizione dei profeti: “E pazienta con coloro che invocano il loro Signore al mattino e alla sera che vogliono il Suo volto. Non vadano oltre loro i tuoi occhi in cerca dell’ornamento della vita del mondo. Non obbedire a colui il cui cuore abbiamo reso dimentico del Nostro ricordo, che segue le sue passioni ed il cui affare è oltraggioso” (18:28).
  • 11. “Siate dopodiché gente proba” allude al pentimento. I fratelli di Giuseppe già progettarono di pentirsi pensando così di poter rimediare delle proprie malefatte. In realtà il pentimento non si progetta a priori ma soltanto dopo aver commesso un errore, una volta realizzato il proprio sbaglio. Quello dei fratelli di Giuseppe non può esser considerata volontà a pentirsi ma mera ipocrisia.
  • 12. Uccidere Giuseppe sarebbe forse stata l’opzione più semplice per i suoi fratelli ma uno di loro con più coscienza di altri propose di gettarlo nel fondo di un pozzo. L’espressione “se proprio dovete farlo” farebbe pensare ad una sorta di avversione del fratello nei confronti di quello che lui con gli altri stessero progettando di fare.
  • 13. Nuovamente l’enfasi dei fratelli di Giuseppe si focalizza sulla tenacia e la forza fisica e non su qualità superiori ad essa.
  • 14. Giuseppe riceve la sua prima rivelazione da parte di Allah in giovane età. Allah lo conforta e lo informa che è stato scelto da Lui e che un giorno rivedrà i suoi fratelli, quando meno se lo aspetteranno, per testimoniargli la verità.
  • 15. L' “allettamento dell’anima” (taswīl an-nafs) è ciò che spinge gli individui a giustificare quello che, erroneamente, fanno. Questi sanno che quanto pensano, dicono o fanno è sbagliato ma cercano comunque di giustificarlo sentendosi in diritto, o in dovere, di farlo. Ciò può avvenire in famiglia, nella propria comunità o su larga scala a livello pubblico. I fratelli di Giuseppe si giustificarono dicendo di essere persone forti, unite e tenaci, o di essere intenzionati al pentimento: si tratta però di semplice allettamento di sé stessi che non giustifica nessuno in alcunché. La “bella pazienza” invece è un tipo di pazienza che si ha quando si sopporta un dato evento o una data situazione, soffrendo e patendo, senza però lamentarsi presso altri all’infuori che Allah.
  • 16. Una carovana di mercanti passa nei paraggi del pozzo ed invece di chiedere a Giuseppe chi era, come stava, chi era il padre e da dove provenisse, viene nascosto come merce affinché possa essere venduto al mercato come schiavo in Egitto.
  • 17. I mercanti che presero Giuseppe lo vendettero a basso costo senza ricevere grande somma, né interesse da parte della clientela.
  • 18. Fu il primo ministro d’Egitto ad acquistare Giuseppe. Così Giuseppe ritrovò stabilità ed Allah gli insegnò l’interpretazione degli eventi, dei sogni. Allah si fa carico dei problemi dei Suoi intimi amici: spesso si pensa di essere capaci ed intraprendenti per mezzo delle nostre abilità quando invece Allah usa le nostre strategie per attualizzare i Suoi piani: “Tessono strategie e anche Allah ne tesse. E Allah è il migliore degli strateghi” (3:54). Ci si potrebbe chiedere perché Allah non abbia voluto che Giuseppe imparasse l’interpretazione degli eventi in Palestina sotto la tutela di suo padre Giacobbe. In realtà la scienza divina (al-°ilm al-ladunnī) non si impara con i fogli e le buone parole ma direttamente con un’esperienza intuitiva che si ottiene solo e soltanto quando Allah pone in una data situazione attraverso la quale il servo, provato, è in grado di ricevere il Suo messaggio o la Sua guida. Inoltre l’ottenimento di questa conoscenza si ottiene in genere dopo che l’uomo abbia superato determinate prove di rinuncia e contenimento come nel il caso di Giuseppe, vedremo più avanti in che modo, se Allah vuole.
  • 19. Giuseppe cresce sotto la tutela del capo delle guardie d’Egitto. L’espressione lamma balagha ashudda indica l’ingresso in età adulta ossia quando ci si avvicina ai venti anni. Fu a quest’età che ricevette “giudizio e conoscenza” da parte del suo Signore. Il giudizio permette all’uomo di distinguere il bene dal male e il giusto dallo sbagliato. Le genti ordinarie non sempre riescono a fare tale distinzione poiché egoismo, tendenze e benefici personali penetrano nella volontà dell’individuo facendogli perseguire obiettivi tutt’altro che divini. In modo simile, la conoscenza insegnata da Allah è superiore a quella acquisita dall’uomo per mezzo dei suoi sforzi. Giuseppe che viene annoverato tra i benevoli, tra coloro che compiono il bene, è innanzitutto prova dell’elevata condotta ch’egli ebbe presso la dimora del capo delle guardie. In secondo luogo, si evince che fare del bene è causa di giudizio e conoscenza conferiti direttamente da Allah. È così che Allah compensa i benevoli, e non attraverso fama, ricchezza e potere.
  • 20. Giunto in età adulta Giuseppe divenne un bell’uomo di sembianza estremamente attraente. Le sue qualità morali ed etiche inoltre attraevano ancor più le persone verso di lui. Fu così che la donna del capo delle guardie si innamorò di lui e tentò di sedurlo. Dopo aver chiuso le porte ed averlo invitato a lei, egli esclama Ma°ādhallāh! Giuseppe non dice “Mi rifugio presso Allah” ma, dimenticandosi di sé stesso ed annullando in Lui il suo volere, dice “Il rifugio è presso Allah”. Altro punto degno di nota è il fatto che Giuseppe non si astiene dal peccato solo perché teme la retribuzione divina ma perché vuole essere riconoscente ad Allah per avergli dato buona dimora ed averlo sostenuto e fatto crescere al sicuro fino a quel momento, dice infatti: “Il Signore mi ha dato buona dimora”. È l’amore e il senso di ringraziamento verso Allah che gli impedisce di cadere nel peccato. Il modo in cui i profeti ci insegnano ad affrontare ogni situazione è basato su un esclusivo e sincero rapporto con Allah e un’imparagonabile attenzione riposta verso di Lui colma di bontà ed ottismo. Per esempio quando alla fine Giuseppe raccontò a suo padre la sua storia non si lamentò delle difficoltà trascorse, né biasimò alcuna persona ma disse: “Egli è stato buono con me quando mi ha tratto dalla prigione” (12:100). Anzi, ai suoi fratelli disse: “Oggi non subirete alcun rimprovero. Che Allah vi perdoni. Egli è il più misericordioso dei misericordiosi” (12:92). In altre parole Giuseppe non ripone attenzione a quello che di male gli è successo ma quel che di bene Allah gli ha concesso.
  • 21.  La donna del capo delle guardie bramava Giuseppe e quest’ultimo, oltretutto in giovane età, avrebbe potuto soddisfare facilmente i suoi istinti nella suddetta situazione. Svariati passi coranici fanno menzione del fatto che la vita in questo mondo sia un’esame da superare che siamo chiamati rispondere, se le superiamo andiamo avanti nel nostro cammino spirituale altrimenti rimaniamo allo stesso livello o, ancor peggio, regrediamo e peggioriamo il nostro stato. Fu grazie alla prova del suo Signore”, ci vien detto, che Giuseppe riuscì ad astenersi dal peccato.
  • 22. Giuseppe tenta di scappare correndo verso la porta, e la donna, cercando di fermarlo, gli strappa la camicia dal dietro. Quando il capo delle guardie, passando, si imbatte nella sua donna e in Giuseppe, ella immediatamente accusa Giuseppe di turpitudine.
  • 23. Giuseppe si giustifica dicendo che fosse la donna ad essere malintenzionata ed aver peccato di turpitudine, non lui. Allora fa chiamare un testimone della sua famiglia. Il testimone porta la sua testimonianza in modo impeccabile nonostante non fosse stato presente durante la vicenda.
  • 24. La vicenda avvenuta nel palazzo del capo delle guardie avrebbe destato scalpore quindi a Giuseppe fu detto di non ritornare sul fatto e la donna venne veementemente rimproverata.
  • 25. La donna del capo delle guardie non si dà per vinta e tenta in tutti i modi di sedurre Giuseppe fino a che i pettegolezzi iniziano a diffondersi in città.
  • 26. La donna del capo delle guardie organizza un convito tra le donne dove serve dei frutti con dei coltelli e poi fa entrare Giuseppe il quale, con il suo bell’aspetto, le attrae tutte al punto tale che nell’ammirarlo non si rendon conto di star tagliando le loro mani invece che la scorza dei frutti. La donna del capo delle guardie a questo punto minaccia Giuseppe con la prigione e la miseria e cerca in tutti i modi di piegarlo al suo volere.
  • 27. Fu così che Giuseppe venne ingiustamente imprigionato e torturato. Pare però che la causa dell’imprigionamento di Giuseppe siano state le sue invocazioni: egli infatti supplica Allah che lo allontani dalle trame delle donne egiziane e lo faccia imprigionare poiché la prigione lo avrebbe allontanato da tutti questi problemi e non lo avrebbe fatto inclinare verso di loro. L’espressione “le loro trame” utilizzata nei passi precedenti indica che non fu soltanto la donna del capo delle guardie a tramare ma anche altre, impegnate nell’intento di riuscire a sedurre Giuseppe.
  • 28. Con Giuseppe fecero ingresso in prigione anche altri due detenuti. I due nuovi prigionieri continuano ad avere lo stesso sogno per più notti fino a che non chiedono elucidazioni a Giuseppe. Apparentemente la condotta di Giuseppe fu tale che in poco tempo venne già identificato come “benevolo” dai prigionieri. Una persona immersa nella servitù e devozione di Allah è fonte di ispirazione ed attrazione per le genti, dovessero anche essere servitori di idoli o criminali.
  • 29. Un altro tipo di conoscenza che fu concessa a Giuseppe fu quella di riconoscere la provenienza e il tipo di cibo come nel caso del profeta Gesù: “E vi informerò di quel che mangiate e di quel che conservate nelle vostre case” (3:49)Si tratta di un’ulteriore prova per i presenti del messaggio straordinario e veridico di Giuseppe il quale dichiara non abbia acquisito con un processo formale di apprendimento ma bensì provenga dal suo Signore. È evidente che Giuseppe stia così predicando la religione di Allah tra i carcerati della prigione.
  • 30. Giuseppe non solo menziona Allah ma anche alcuni dei suoi profeti maggiori: Abramo, Isacco e Giacobbe. Allah non è un dio che dopo aver creato il mondo lo abbandona a sé stesso ma si rende partecipe del cammino dell’uomo comunicando con i Suoi profeti e guidando al bene l’umanità.
  • 31. Giuseppe si comporta in modo molto amichevole con i prigionieri e cerca di guidarli tutti sulla retta via. Cerca di farli ragionare chiedendo loro se fosse meglio un Dio Unico Onnipotente sovra ogni cosa o tanti dei ognuno con diversi poteri e controlli: “Allah vi propone la metafore di un uomo che dipende tra soci in lite tra loro e di un altro che sottostà ad un unico padrone. Sono forse uguali?” (39:29). In maniera analoga anche chi afferma di credere in Allah ma fa affidamento su sé stesso, sulle proprie ricchezze, su angeli, santi, ed anche profeti e imam, ritenendo che abbiano un controllo indipendente anche parziale del creato associano consimili ad Allah.
  • 32. Non esiste alcuna realtà per gli dei all’infuori dei nomi che gli sono stati attribuiti, essi sono creazioni della mente umana o, in altri casi, divinizzazioni di angeli o altre creature. In realtà ad Allah, Colui all’infuori del Quale non vi è altro dio, spettano i nomi più belli: “Ad Allah appartengono i nomi più belli: invocatelo con quelli e allontanatevi da coloro che deviano dai Suoi nomi, presto saranno compensati per quello che hanno fatto” (7:180). “Invocare Allah con i Suoi nomi e allontanarsi da coloro che deviano i Suoi nomi” non significa solo invocare Allah pronunciando verbalmente i nomi menzionati nel nobile Corano ma attribuire le qualità dei nomi ad altri che Lui. Per esempio il sostentamento proviene da Allah e attribuire qualità di sostentamento a re, idoli, angeli, profeti o imam equivale a “deviare dai Suoi nomi”. La sovranità appartiene a Lui e quindi è Lui soltanto ad essere il Detentore di tutti i nomi. Il comando di non servire altri che Allah può essere inteso sia in senso legislativo (tashrï°ïche ontologico (takwïnï). Nel senso legislativo, Allah comanda agli uomini di servirLo: c’è chi lo fa e chi no. Nel senso ontologico, niente può essere servito all’infuori di Lui; chi crede di servire altri che Allah commette un errore di giudizio poiché non fa altro che perseguire qualità che di fatto appartengono ad Allah ma che ritiene appartengono ad altri che Lui. Nell’Avvenire, quando l’uomo sarà al cospetto di Allah non potrà vedere il frutto dei suoi sforzi in quanto, avendoli indirizzati altrove, saranno andati perduti: “Il Giorno in cui sarà svelata la gamba, saranno chiamati a prosternarsi ma non potranno farlo” (68:42).
  • 33. Giuseppe rivela l’interpretazione dei sogni dei due prigionieri: uno di essi sarà condannato a morte e l’altro, uscito di prigione, diventerà coppiere. Si tratta del decreto di Allah che non è soggetto a cambiamenti.
  • 34. Ci sono due interpretazioni plausibili di questo passo coranico. Secondo un’interpretazione Satana avrebbe fatto dimenticare al prigioniero, una volta diventato coppiere, la menzione di Giuseppe presso il suo signore, un notabile egiziano con una certa influenza politica, attraverso il quale anche lui sarebbe potuto uscire di prigione. Secondo l’altra interpretazione, invece, Satana avrebbe fatto dimenticare a Giuseppe il suo Signore facendogli riporre fiducia nel prigioniero che lo avrebbe potuto far uscire di prigione: Allah lo avrebbe così punito con altri anni di prigione.
  • 35. Il re d'Egitto chiede ai suoi notabili di interpretare il suo sogno ma nessun interprete è in grado di farlo. Nella suddetta circostanza occorreva piuttosto qualcuno che conoscesse la realità del sogno e non una mera interpretazione. L'interpretazione di un dato fenomeno si ha quando si cerca di spiegarlo attraverso il materiale disponibile, o attraverso il modo in cui il fenomeno stesso si presenta. La realità è invece quando si conoscono le cause di un dato fenomeno e dunque se ne apprende la sua piena realizzazione.
  • 36. Giuseppe nella sua bontà non spiega soltanto la realità del sogno del re d'Egitto ma fornisce una soluzione pratica al problema presentatosi innanzi. Egli propone una politica di austerità durante il periodo di abbondanza così che durante il susseguente periodo di carestia ci sarà comunque cibo sufficiente perché gran parte del raccolto sarà stato conservato. Le sette vacche grasse rappresentano i sette anni di abbondanza mentre le sette vacche magre rappresentano i sette anni di carestia. Si tratta di un sogno strano in quanto sarebbero state le vacche grasse ad aver dovuto mangiare le vacche magre e non viceversa. In questo modo Giuseppe capisce che le sette vacche magre avranno un grande bisogno delle vacche grasse quindi Giuseppe esorta a far ingrassare le vacche ancor più conservando il grano. Le spighe invece rappresentano il mezzo che gli egiziani avrebbero dovuto utilizzare per affrontare la sfida che si era presentata innanzi. 
  • 37. "Soccorsi" dalla pioggia e "spremeranno" frutti come uva e semi oleosi. In altre parole, tornerà l'abbondanza. Il sogno del re d'Egitto non fa menzione alcuna di un anno di abbondanza susseguente ai sette di carestia. Comunque al fine di superare completamente il periodo di carestia era imperativo che vi fosse almeno un anno di abbondanza. Ciò fa parte della misericordia che il Signore concesse al popolo d'Egitto nonostante fossero degli associatori.
  • 38. Trovata la risposta al suo quesito, il re d'Egitto si incuriosisce sul conto di colui che gli ebbe spiegato il sogno e lo chiama a sé. Giuseppe però vuole ritornare sulla falsa accusa che gli costò anni di prigione. Pone allora una condizione e dice al suo amico che, prima di essere portato dal re, vuole riaprire il caso. Giuseppe avrebbe facilmente potuto lasciar correre e concentrarsi sulla possibilità di iniziare a vivere una vita lussuosa nella corte del re d'Egitto ma invece ricerca giustizia e vuole andare fino in fondo. La verità, per lui, era infatti più importante della sua libertà fisica.
  • 39. Le donne notabili confessano di non aver sedotto Giuseppe e, allo stesso tempo, confessano l'innocenza e la purezza di Giuseppe. L'espressione delle donne "Allah ce ne guardi" è indice di quella spontaneità attraverso la quale  l'essere umano, in certe situazioni, si esprime indipendentemente dal proprio credo di appartenenza. Il rapporto dell'uomo con Allah è infatti cosa naturale e si manifesta laddove questi viene colpito più a fondo in ispecie durante le forti emozioni. A questo punto la donna del capo delle guardie d'Egitto mette tutto nero su bianco e confessa pubblicamente la sua colpa.
  • 40. Il motivo per cui Giuseppe rifiutò di uscire dal carcere rischiando ancora la sua stessa libertà, e per cui volle riaprire il caso in questione, fu di provare al capo delle guardie d'Egitto, il quale lo ebbe cresciuto in casa sua, ch'egli non toccò mai sua moglie e mai lo ingannò. È pur vero che il capo delle guardie si accertò dell'innocenza di Giuseppe già prima che finisse in prigione, attraverso la sua tunica strappata ma, come è solito in casi di questo genere, dubbi e incertezze rimangono nella mente, in ispecie se la moglie non è indole a confessare la sua colpa.